Ma che freddo fa 2
Pubblichiamo la petizione sul clima curata dal prof. Uberto
Crescenti, Professore Ordinario di Geologia Applicata, in
collaborazione con scienziati di fama internazionale, che
smentisce le tesi degli (pseudo)ambientalisti di tutto il mondo.
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Senato
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Consiglio
PETIZIONE SUL RISCALDAMENTO GLOBALE ANTROPICO
I sottoscritti, cittadini e uomini di scienza, rivolgono un
caloroso invito ai responsabili politici affinché siano adottate
politiche di protezione dell’ambiente coerenti con le conoscenze
scientifiche. In particolare, è urgente combattere l’inquinamento
ove esso si presenti, secondo le indicazioni della scienza
migliore. A tale proposito è deplorevole il ritardo con cui viene
utilizzato il patrimonio di conoscenze messe a disposizione dal
mondo della ricerca e destinate alla riduzione delle emissioni
antropiche inquinanti diffusamente presenti nei sistemi ambientali
sia continentali che marini.
Bisogna però essere consapevoli che l’anidride carbonica
di per sé non è un agente inquinante. Al contrario
essa è indispensabile per la vita sul nostro pianeta.
Negli ultimi decenni si è diffusa una tesi secondo la quale il
riscaldamento della superficie terrestre di circa 0.9°C osservato
a partire dal 1850 sarebbe anomalo e causato esclusivamente dalle
attività antropiche, in particolare dalle immissioni in atmosfera
di CO2 proveniente dall’utilizzo dei combustibili
fossili. Questa è la tesi del riscaldamento globale antropico
promossa dall’Intergovernmental Panel on Climate Change
(IPCC) delle Nazione Unite, le cui conseguenze sarebbero
modificazioni ambientali così gravi da paventare enormi danni in
un imminente futuro, a meno che drastiche e costose misure di
mitigazione non vengano immediatamente adottate. A tale proposito,
numerose nazioni del mondo hanno aderito a programmi di riduzione
delle emissioni di anidride carbonica e sono pressate,
anche da una martellante propaganda, ad adottare programmi sempre
più esigenti dalla cui attuazione, che comporta pesanti oneri
sulle economie dei singoli Stati aderenti, dipenderebbe il
controllo del clima e, quindi, la “salvezza” del pianeta.
L’origine antropica del riscaldamento globale è
però una congettura non dimostrata, dedotta solo da
alcuni modelli climatici, cioè complessi programmi al computer,
chiamati General Circulation Models. Al
contrario, la letteratura scientifica ha messo sempre più in
evidenza l’esistenza di una variabilità climatica naturale che i
modelli non sono in grado di riprodurre. Tale variabilità naturale
spiega una parte consistente del riscaldamento globale osservato
dal 1850. La responsabilità antropica del cambiamento climatico
osservato nell’ultimo secolo è quindi ingiustificatamente
esagerata e le previsioni catastrofiche non sono
realistiche.
Il clima è il sistema più complesso presente sul nostro pianeta,
per cui occorre affrontarlo con metodi adeguati e coerenti al suo
livello di complessità. I modelli di simulazione climatica non
riproducono la variabilità naturale osservata del clima e, in modo
particolare, non ricostruiscono i periodi caldi degli ultimi
10.000 anni. Questi si sono ripetuti ogni mille anni circa e
includono il ben noto Periodo Caldo Medioevale, il Periodo
Caldo Romano, ed in genere ampi periodi caldi durante l’Ottimo
dell’Olocene. Questi periodi del passato sono stati anche
più caldi del periodo presente, nonostante la concentrazione di CO2
fosse più bassa dell’attuale, mentre sono correlati ai cicli
millenari dell’attività solare. Questi effetti non sono riprodotti
dai modelli.
Va ricordato che il riscaldamento osservato dal 1900 ad oggi è in
realtà iniziato nel 1700, cioè al minimo della Piccola Era
Glaciale, il periodo più freddo degli ultimi 10.000 anni
(corrispondente a quel minimo millenario di attività solare che
gli astrofisici chiamano Minimo Solare di Maunder).
Da allora a oggi l’attività solare, seguendo il suo ciclo
millenario, è aumentata riscaldando la superficie terrestre.
Inoltre, i modelli falliscono nel riprodurre le note oscillazioni
climatiche di circa 60 anni. Queste sono state responsabili, ad
esempio, di un periodo di riscaldamento (1850-1880) seguito da un
periodo di raffreddamento (1880-1910), da un riscaldamento
(1910-40), ancora da un raffreddamento (1940-70) e da un nuovo
periodo di riscaldamento (1970-2000) simile a quello osservato 60
anni prima. Gli anni successivi (2000-2019) hanno visto non
l’aumento previsto dai modelli di circa 0.2°C per decennio, ma una
sostanziale stabilità climatica che è stata
sporadicamente interrotta dalle rapide oscillazioni naturali
dell’oceano Pacifico equatoriale, conosciute come l’El Nino
Southern Oscillations, come quella che ha indotto
il riscaldamento momentaneo tra il 2015 e il 2016.
Gli organi d’informazione affermano anche che gli eventi estremi,
come ad esempio uragani e cicloni, sono aumentati in modo
preoccupante. Viceversa, questi eventi, come molti sistemi
climatici, sono modulati dal suddetto ciclo di 60 anni. Se ad
esempio si considerano i dati ufficiali dal 1880 riguardo i
cicloni atlantici tropicali abbattutisi sul Nord America, in essi
appare una forte oscillazione di 60 anni, correlata con
l’oscillazione termica dell’Oceano Atlantico chiamata Atlantic
Multidecadal Oscillation. I picchi osservati per
decade sono tra loro compatibili negli anni 1880-90, 1940-50 e
1995-2005. Dal 2005 al 2015 il numero dei cicloni è diminuito
seguendo appunto il suddetto ciclo. Quindi, nel periodo 1880-2015,
tra numero di cicloni (che oscilla) e CO2 (che aumenta
monotonicamente) non vi è alcuna correlazione.
Il sistema climatico non è ancora sufficientemente compreso.
Anche se è vero che la CO2 è un gas serra, secondo lo
stesso IPCC la sensibilità climatica ad un suo aumento
nell’atmosfera è ancora estremamente incerta. Si stima che un
raddoppio della concentrazione di CO2 atmosferica, dai
circa 300 ppm preindustriali a 600 ppm, possa innalzare la
temperatura media del pianeta da un minimo di 1°C fino a un
massimo di 5°C. Questa incertezza è enorme. In ogni caso, molti
studi recenti basati su dati sperimentali stimano che la
sensibilità climatica alla CO2 sia notevolmente più
bassa di quella stimata dai modelli IPCC.
Allora, è scientificamente non realistico
attribuire all’uomo la responsabilità del riscaldamento osservato
dal secolo passato ad oggi. Le previsioni allarmistiche avanzate,
pertanto, non sono credibili, essendo esse
fondate su modelli i cui risultati sono in contraddizione coi dati
sperimentali. Tutte le evidenze suggeriscono che questi modelli
sovrastimano il contributo antropico e sottostimano la variabilità
climatica naturale, soprattutto quella indotta dal sole, dalla
luna, e dalle oscillazioni oceaniche.
Infine, gli organi d’informazione diffondono il messaggio secondo
cui, in ordine alla causa antropica dell’attuale cambiamento
climatico, vi sarebbe un quasi unanime consenso tra gli scienziati
e che quindi il dibattito scientifico sarebbe chiuso. Tuttavia,
innanzitutto bisogna essere consapevoli che il metodo scientifico
impone che siano i fatti, e non il numero di aderenti,
che fanno di una congettura una teoria scientifica consolidata.
In ogni caso, lo stesso preteso consenso non sussiste. Infatti,
c’è una notevole variabilità di opinioni tra gli specialisti –
climatologi, meteorologi, geologi, geofisici, astrofisici – molti
dei quali riconoscono un contributo naturale importante al riscaldamento
globale osservato dal periodo preindustriale ed anche
dal dopoguerra ad oggi. Ci sono state anche petizioni sottoscritte
da migliaia di scienziati che hanno espresso dissenso con la
congettura del riscaldamento globale antropico. Tra queste si
ricordano quella promossa nel 2007 dal fisico F. Seitz, già
presidente della National Academy of Sciences americana,
e quella promossa dal Non-governmental International Panel on
Climate Change (NIPCC) il cui rapporto del 2009 conclude
che «La natura, non l’attività dell’Uomo governa il clima».
In conclusione, posta la cruciale importanza che hanno i
combustibili fossili per l’approvvigionamento energetico
dell’umanità, suggeriamo che non si aderisca a politiche
di riduzione acritica della immissione di anidride
carbonica in atmosfera con l’illusoria pretesa di governare il
clima.
Roma, 17 Giugno 2019
COMITATO PROMOTORE
Uberto Crescenti, Professore Emerito di Geologia
Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara, già Magnifico
Rettore e Presidente della Società Geologica Italiana.
Giuliano Panza, Professore di Sismologia,
Università di Trieste, Accademico dei Lincei e dell’Accademia
Nazionale delle Scienze, detta dei XL, Premio Internazionale 2018
dell’American Geophysical Union.
Alberto Prestininzi, Professore di Geologia
Applicata, Università La Sapienza, Roma, già Scientific
Editor in Chief della rivista internazionale IJEGE e
Direttore del Centro di Ricerca Previsione e Controllo Rischi
Geologici.
Franco Prodi, Professore di Fisica
dell’Atmosfera, Università di Ferrara.
Franco Battaglia, Professore di Chimica Fisica,
Università di Modena; Movimento Galileo 2001.
Mario Giaccio, Professore di Tecnologia ed
Economia delle Fonti di Energia, Università G. D’Annunzio,
Chieti-Pescara, già Preside della Facoltà di Economia.
Enrico Miccadei, Professore di Geografia Fisica
e Geomorfologia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Nicola Scafetta, Professore di Fisica
dell’Atmosfera e Oceanografia, Università Federico II, Napoli.
FIRMATARI
Antonino Zichichi, Professore Emerito di
Fisica, Università di Bologna, Fondatore e Presidente del Centro
di Cultura Scientifica Ettore Majorana di Erice.
Renato Angelo Ricci, Professore Emerito di
Fisica, Università di Padova, già Presidente della Società
Italiana di Fisica e della Società Europea di Fisica; Movimento
Galileo 2001.
Aurelio Misiti, Professore di Ingegneria
Sanitaria-Ambientale, Univesità la Sapienza, Roma.
Antonio Brambati, Professore di Sedimentologia,
Università di Trieste, Responsabile Progetto Paleoclima-mare del
PNRA, già Presidente Commissione Nazionale di Oceanografia.
Cesare Barbieri, Professore Emerito di
Astronomia, Università di Padova.
Sergio Bartalucci, Fisico, Presidente
Associazione Scienziati e Tecnolgi per la Ricerca Italiana.
Antonio Bianchini, Professore di Astronomia,
Università di Padova.
Paolo Bonifazi, già Direttore Istituto di Fisica
dello Spazio Interplanetario, Istituto Nazionale Astrofisica.
Francesca Bozzano, Professore di Geologia
Applicata, Università Sapienza di Roma, Direttore del Centro di
Ricerca CERI.
Marcello Buccolini, Professore di Geomorfologia,
Università Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Paolo Budetta, Professore di Geologia Applicata,
Università di Napoli.
Monia Calista, Ricercatore di Geologia
Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Giovanni Carboni, Professore di Fisica,
Università Tor Vergata, Roma; Movimento Galileo 2001.
Franco Casali, Professore di Fisica, Università
di Bologna e Accademia delle Scienze di Bologna.
Giuliano Ceradelli, Ingegnere e climatologo,
ALDAI.
Domenico Corradini, Professore di Geologia
Storica, Università di Modena.
Fulvio Crisciani, Professore di Fluidodinamica
Geofisica, Università di Trieste e Istituto Scienze Marine, Cnr,
Trieste.
Carlo Esposito, Professore di Telerilevamento,
Università La Sapienza, Roma.
Mario Floris, Professore di Telerilevamento,
Università di Padova.
Gianni Fochi, Chimico, Scuola Normale Superiore
di Pisa; giornalista scientifico.
Mario Gaeta, Professore di Vulcanologia,
Università La Sapienza, Roma.
Giuseppe Gambolati, Fellow della American
Geophysica Union, Professore di Metodi Numerici, Università
di Padova.
Rinaldo Genevois, Professore di Geologia
Applicata, Università di Padova.
Carlo Lombardi, Professore di Impianti nucleari,
Politecnico di Milano.
Luigi Marino, Geologo, Centro Ricerca Previsione
e Controllo Rischi Geologici, Università La Sapienza, Roma.
Salvatore Martino, Professore di Microzonazione
sismica, Università La Sapienza, Roma.
Paolo Mazzanti, Professore di Interferometria
satellitare, Università La Sapienza, Roma.
Adriano Mazzarella, Professore di Meteorologia e
Climatologia, Università di Napoli.
Carlo Merli, Professore di Tecnologie
Ambientali, Università La Sapienza, Roma.
Alberto Mirandola, Professore di Energetica
Applicata e Presidente Dottorato di Ricerca in Energetica,
Università di Padova.
Renzo Mosetti, Professore di Oceanografia,
Università di Trieste, già Direttore del Dipartimento di
Oceanografia, Istituto OGS, Trieste.
Daniela Novembre, Ricercatore in Georisorse
Minerarie e Applicazioni Mineralogiche-petrografiche, Università
G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Sergio Ortolani, Professore di Astronomia e
Astrofisica, Università di Padova.
Antonio Pasculli, Ricercatore di Geologia
Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Ernesto Pedrocchi, Professore Emerito di
Energetica, Politecnico di Milano.
Tommaso Piacentini, Professore di Geografia
Fisica e Geomorfologia, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Guido Possa, Ingegnere nucleare, già Vice
Ministro Miur.
Mario Luigi Rainone, Professore di Geologia
Applicata, Università di Chieti-Pescara.
Francesca Quercia, Geologo, Dirigente di
ricerca, Ispra.
Giancarlo Ruocco, Professore di Struttura della
Materia, Università La Sapienza, Roma.
Sergio Rusi, Professore di Idrogeologia,
Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Massimo Salleolini, Professore di Idrogeologia
Applicata e Idrologia Ambientale, Università di Siena.
Emanuele Scalcione, Responsabile Servizio
Agrometeorologico Regionale Alsia, Basilicata.
Nicola Sciarra, Professore di Geologia
Applicata, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Leonello Serva, Geologo, Direttore Servizi
Geologici d’Italia; Movimento Galileo 2001.
Luigi Stedile, Geologo, Centro Ricerca Revisione
e Controllo Rischi Geologici, Università La Sapienza, Roma.
Giorgio Trenta, Fisico e Medico, Presidente
Emerito dell’Associazione Italiana di Radioprotezione Medica;
Movimento Galileo 2001.
Gianluca Valenzise, Dirigente di Ricerca,
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Roma.
Corrado Venturini, Professore di Geologia
Strutturale, Università di Bologna.
Franco Zavatti, Ricercatore di Astronomia,
Univesità di Bologna.
Achille Balduzzi, Geologo, Agip-Eni.
Claudio Borri, Professore di Scienze delle
Costruzioni, Università di Firenze, Coordinatore del Dottorato
Internazionale in Ingegneria Civile.
Pino Cippitelli, Geologo Agip-Eni.
Franco Di Cesare, Dirigente, Agip-Eni.
Serena Doria, Ricercatore di Probabilità e
Statistica Matematica, Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Enzo Siviero, Professore di Ponti, Università di
Venezia, Rettore dell’Università e- Campus.
Pietro Agostini, Ingegnere, Associazione
Scienziati e Tecnolgi per la Ricerca Italiana.
Donato Barone, Ingegnere.
Roberto Bonucchi, Insegnante.
Gianfranco Brignoli, Geologo.
Alessandro Chiaudani, Ph.D. agronomo, Università
G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Antonio Clemente, Ricercatore di Urbanistica,
Università G. D’Annunzio, Chieti-Pescara.
Luigi Fressoia, Architetto urbanista, Perugia.
Sabino Gallo, Ingegnere nucleare.
Daniela Giannessi, Primo Ricercatore, Ipcf-Cnr,
Pisa.
Roberto Grassi, Ingegnere, Amministratore
G&G, Roma.
Alberto Lagi, Ingegnere, Presidente di Società
Ripristino Impianti Complessi Danneggiati.
Luciano Lepori, Ricercatore Ipcf-Cnr, Pisa.
Roberto Madrigali, Meteorologo.
Ludovica Manusardi, Fisico nucleare e
Giornalista scientifico, Ugis.
Maria Massullo, Tecnologa, Enea-Casaccia, Roma.
Enrico Matteoli, Primo Ricercatore, Ipcf-Cnr,
Pisa.
Gabriella Mincione, Professore di Scienze e
Tecniche di Medicina di Laboratorio, Università G. D’Annunzio,
Chieti-Pescara.
Massimo Pallotta, Primo Tecnologo, Istituto
Nazionale Fisica Nucleare.
Enzo Pennetta, Professore di Scienze naturali e
divulgatore scientifico.
Nunzia Radatti, Chimico, Sogin.
Vincenzo Romanello, Ingegnere nucleare, Centro
Ricerca, Rez, Repubblica Ceca.
Alberto Rota, Ingegnere, Ricercatore presso Cise
e Enel.
Massimo Sepielli, Direttore di Ricerca, Enea,
Roma.
Ugo Spezia, Ingegnere, Responsabile Sicurezza
Industriale, Sogin; Movimento Galileo 2001.
Emilio Stefani, Professore di Patologia
vegetale, Università di Modena.
Umberto Tirelli, Visiting Senior Scientist,
Istituto Tumori d’Aviano; Movimento Galileo 2001.
Roberto Vacca, Ingegnere e scrittore
scientifico.
La petizione risale al giugno 2019, e dopo pochi mesi è avvenuto un
fatto impensabile: la colossale pandemia di Covid ha provocato il
blocco di gran parte delle emissioni di CO2 del pianeta. Lo stop
mondiale legato al Covid è stato irripetibile, superiore alle
velleità di qualsiasi possibile trattato che facesse calare le
emissioni entro la data x, è stato superiore persino ai desiderata
di chi auspica una decrescita da ritorno a un mondo preindustriale.
Per mesi si sono fermate o hanno estremamente rallentato le
pestilenziali fabbriche cinesi, le auto sono rimaste parcheggiate in
Europa e negli Stati Uniti, decine di migliaia di voli aerei sono
stati cancellati in tutto il mondo.
La rivista
scientifica Nature Climate Change nel 2020 ha misurato gli effetti
della pandemia sulle emissioni e ha stimato un calo di un miliardo di
tonnellate di CO2 rispetto all’anno precedente: altri studi a loro
volta misurano gli effetti del calo della produzione umana
sull'atmosfera e dimostrano come la concentrazione di CO2 (appunto
l'anidride carbonica, il principale gas serra) risulta trascurabile a
dir poco, anzi è praticamente invisibile. Secondo le misurazioni
dell’osservatorio meteorologico di Mauna Loa alle Hawaii, che dal
1958 misura la concentrazione di anidride carbonica, il cambiamento
non risulta neppure visibile rispetto a quello normalmente causato
dalla flora e dalle foreste a seconda di come reagiscono ogni anno
alle variazioni di temperatura e umidità. Ciò ha messo in evidenza
quanto ancora poco si sappia sul clima, la sua evoluzione, le
possibili influenze che su di esso hanno le attività umane e i
fenomeni naturali, e anche quanta confusione ci sia sull'argomento
sia a livello politico che giornalistico. Il lockdown ha fatto
crollare l’inquinamento, è vero, ma la CO2 di per sé non è un
inquinante.
Sembra incredibile che si debba perdere tempo per
spiegare tutto quello che è già spiegato abbondantemente nei libri
universitari. La trasformazione di CO2 in cellulosa e altre sostanze
organiche stabili è DIECI volte più veloce della reazione contraria;
nelle serre si pompa CO2 a concentrazioni di 10000 (DIECIMILA!) parti
per milione, e in un giorno viene riportata alla concentrazione normale,
che DIPENDE dalla temperatura. Quindi è IMPOSSIBILE che un aumento di
UNA PARTE SU UN MILIONE IN UN ANNO (per esempio da 400 a 401) non possa
essere tranquillamente assorbito da TUTTA la vegetazione mondiale.
Oscillazioni
annuali (in rosso) e media (in nero) dell’anidride carbonica
atmosferica.
scrive un fisico:
Perché
siamo così sicuri che la CO2 che va accumulandosi sempre più in
atmosfera sia di origine antropica e derivi dalle nostre combustioni
fossili? Perché il carbonio di quelle molecole ha una precisa impronta
digitale (fingerprint).
Si
deve sapere, infatti, che la materia contenente carbonio ha quantità
relative diverse di carbonio-12 “leggero” (12C), carbonio-13 “pesante”
(13C) e carbonio-14 radioattivo (14C). I vegetali sono ricchi di 12C,
perché il suo peso minore è più facilmente utilizzabile dalle piante
durante la fotosintesi. Le emissioni vulcaniche sono ricche di 13C. Il
rapporto tra 13C/12C nell'atmosfera e negli oceani è all'incirca lo
stesso. Il 14C, poi, è radioattivo e dunque decade al passare del tempo.
La materia organica giovane ha più 14C di quella più vecchia e i
combustibili fossili (che sono materiale organico ad alta concentrazione
di 12C, vecchio di milioni di anni) non presentano 14C misurabile.
Con
l'aumento delle concentrazioni di anidride carbonica nell'atmosfera
nell'ultimo secolo o anche più, il rapporto 13C/12C è diminuito (vedi
figura), il che significa che la fonte dell'anidride carbonica extra
deve essere stata arricchita di 12C “leggero”. Nel frattempo, la
quantità relativa di 14C - carbonio radioattivo - è diminuita.
In
sostanza, quindi, ciò che ha causato un aumento di CO2 in atmosfera
deve essere una fonte di anidride carbonica che provenga da piante
terrestri (perché sono impoverite di carbonio-13 “pesante”), che sia
così vecchia che il carbonio-14 che conteneva un tempo sia decaduto a
livelli non rilevabili (e che sia in grado di creare un impulso di
anidride carbonica più grande e più rapido di qualsiasi altro che si sia
verificato almeno negli ultimi milioni di anni). I vulcani non possono
essere, perché deteminano CO2 ricca di carbonio-13. I mari più caldi
neppure perché il rapporto 13C/12C è sostanzialmente lo stesso di quello
dell'atmosfera. Solo i combustibili fossili soddisfano tutti questi
criteri!
E QUI GLI RISPONDO:
dice:
"I vegetali sono ricchi di 12C, perché il suo peso minore è più
facilmente utilizzabile dalle piante durante la fotosintesi." Vero. Solo
che poi i vegetali vanno in decomposizione, e quando la temperatura
aumenta, aumenta anche la velocità di decomposizione, come sanno tutti
coloro che hanno un frigorifero. E con la decomposizione si arricchisce
l'atmosfera di CO2, che QUINDI DIVENTA PIù RICCA DI CARBONIO 12. E la
QUANTITà DI CO2 DERIVANTE DALLA DECOMPOSIZIONE (sia di terra che di
mare) è ENORMEMENTE SUPERIORE A QUELLA DERIVANTE DALLA COMBUSTIONE DI
PETROLIO E CARBONE. Quindi non è la CO2 che fa aumentare la temperatura,
ma è L'AUMENTO DI TEMPERATURA CHE FA AUMENTARE LA CO2 DELL'ATMOSFERA,
COME è SEMPRE STATO DA QUANDO ESISTE LA VITA SUL NOSTRO PIANETA. I
fisici non conoscono la biologia, l'ecologia, la biochimica, la
paleontologia e naturalmente la climatologia, perché si ostinano a voler
fare brutte figure?
per tornare alla pagina precedente con altri dati e spiegazioni http://scienzaviaggi.blogspot.com/2012/12/ma-che-freddo-fa.html